La moda di parlar male dei blog

giugno 4, 2007

Il solito Carlini sparla ancora dei blog, seguito a ruota dal solito Zetavu. Scrive Carlini in “Meglio wiki che blog” su Chip&Salsa:

“Blog, parola da abbandonare, perché ormai troppo generica e già logorata dal suo stesso lusinghiero successo Ma anche per il formato stretto e impoverente, dove i testi a-gerarchici, cioè tutti uguali nel loro apparire, sono forse all’insegna della democrazia (scelga il lettore e non l’editore cosa è importante), ma anche il massimo del piattume indifferenziato. Quanto agli autori poi, alcuni blogger sono spesso autoreferenziali e narcisi (non tutti, per carità), e la blogosfera che ne risulta è dunque una parte soltanto, e minore, della più vasta sfera pubblica che vive nell’internet globale”.

E ancora:

“Potrebbe essere sensato abbandonare la parola e cominciare a praticare qualcosa di più ricco e discorsivo dove non si parli per parlare, ma si parla, e se serve ci si accapiglia, per fare, ovvero per cambiare lo stato di cose presenti. Quello era il modo di interazione aperto con cui l’Internet è stata costruita. Ora per fortuna abbiamo i wiki e gli elaboratori di testi in rete (come http://docs.google.com/) che permettono modalità di lavoro in comune. L’internet produce continue invenzioni tra le quali l’ambiente (cioè noi stessi) selezionerà le più adatte”.

Sa il cielo cosa c’entri il wiki col blog, che sono due cose totalmente diverse. Intendiamoci, alcuni dei problemi che Carlini indica riguardo ai blog sono reali, ma si tratta di difetti di gioventù del mezzo abbastanza trascurabili rispetto alla rilevanza e importanza del fenomeno.

Qui comunque c’è l’articolo completo, al quale aggiungo anche NoBlog, i 4 difetti di una moda in discesa, nel quale Carlini lancia la sua filippica, tra le altre cose, contro la sequenza cronologica dei blog. Qui invece l’articolo di Zetavu che riprende quelli di Carlini, dandogli ovviamente ragione.

Io dico solo una cosa: eccheppalle! Mi pare patetico questo tentativo continuo di certi giornalisti di sminuire i blog. Se sono convinti che il loro “modello” sia migliore, cioè quello in cui uno scrive (il giornalista) e tutti gli altri leggono e zitti, continuino così, nessuno glielo vieta. Il wiki se lo facciano loro sui giornali, se gli piace tanto.

Una volta i blogger “ci tenevano” ai giornalisti, ora giustamente ne hanno le scatole piene e se ne fregano :)

Un esempio pratico recente: il giornalismo mainstream ha ignorato per mesi il documentario della BBC sulla pedofilia dei preti, fino ad arrivare alla situazione grottesca che sulla rete se ne parlava talmente tanto che non si poteva più far finta di niente. Santoro il furbone, che almeno in questo è un po’ più sveglio di tanti suoi colleghi, ci ha messo su prontamente il cappello.
La puntata di “Annozero” ha fatto 4.781.000 di ascolti, miglior risultato di sempre, ma in rete il filmato l’avevano gia visto 100 milioni di persone, di cui almeno 2 milioni di italiani da quando è stato sottotitolato, e ogni giorno lo guardano altri 30.000 italiani.

Il rapporto insomma si sta rovesciando: l’audience della rete si sta mangiando quello della tv e quello della stampa. Ma qualcuno preferisce continuare a parlar male del nuovo media piuttosto che cercare di capirci qualcosa.

9 Responses to “La moda di parlar male dei blog”

  1. Lore Says:

    Infatti non so come si possa paragonare un Wiki e soprattutto Google Docs (?!?!) con un blog… Come sono lente a capire certe persone. E il bello è che quasi mai hanno l’umiltà di dire “guardate, non ho capito nulla, quindi evito di parlare a sproposito dell’argomento”. :\

  2. Riccardo Campaci Says:

    In Italia ci vorrà ancora un bel po’ di tempo prima che la TV sia supareta dalla Rete.

    Carlini ha scoperto l’acqua calda, così come tutti quelli che aprono il rubinetto, ci mettono le mani sotto ed esclamano “Oh! E’ calda!”.

    Niente di nuovo, solite critiche scontate.

  3. aghost Says:

    riccardo hai ragione, ma non passerà poi cosi tanto tempo come si crede, la tecnologia corre… :)

    I media generalisti sono ancora in largo vantaggio, è vero, ma è un vantaggio che si riduce progressivamente :)

    Considera poi che è un vantaggio in buona parte numerico, quello qualitativo è più ridotto. Sui blog c’è la parte più attiva e interessante della rete, e quindi dei cittadini. Non mi pare poco.

  4. gboccia Says:

    Credo sia evidente che esiste oggi l’evidenza di una trasformazione del rapporto tra media mainstream e media non-mainstream, o se volete media generalisti e nuove forme. E questa cosa è ancora più evidente per chi lavora/tratta i media tradizionali. Credo che il senso dei dibattiti che crescono in rete sia questo. Forse il web è abbastanza maturo per farsene carico.

    Resta scontato che la realtà espressiva del blog, la loro carica politica o semplicemente comunicativa (ma non è politica?), il crescere della portata sociale, ecc. è fuori discussione.


  5. […] “blogging”, inteso come discorso comunicativo. Proprio recentemente veniva ripreso da più fronti un articolo di Franco Carlini, sullo “stato dell’arte” del […]

  6. MFP Says:

    Le critiche di Carlini dal mio punto di vista sono fondate. Anche nella blogosfera così come in qualsiasi altra comunità, le persone che creano sono il 4-5%… tutti gli altri fanno solo eco… espandono i messaggi di quel 4-5%. Non è che uno accende un blog è diventa un innovatore… per lo meno non da solo… in un’ottica macro, funge da corollario/simbionte di quei 4-5%. Quello che sfugge a Carlini è il disegno macroscopico; e poi confonde l’utilità delle wiki (che sono come dei database organici di informazione) con quella dei blog (che sono più delle chat con memoria storica)… ce ne sarebbe da dire.

  7. aghost Says:

    e allora dillo! :)

    mfp, certo che carlini su certe cosa ha ragione, ma e allora? Quello che non capisco è perché si pretenda dai blog qualcosa di diverso da ciò che nella realtà di qualsiasi mezzo. Tutti (quasi) scriviamo poesie, ma pochi diventano Leopardi :) E allora? Si sa, è inutile staffilare la cateogoria dei poeti perché non scrivono tutti come leopardi. Che senso ha?

    Confondere poi i wiki col blog mi pare il colmo

  8. MFP Says:

    Troppo lunga Aghost… i blog, per l’appunto, non si prestano a trattazioni… si può solo spizzicare… e poi lo sai che sono logorroico, non mi stuzzicare … lo dico per te :)))

    I Carlini lasciali parlare… sono vecchi, obsoleti, già estinti. Tra la nostra generazione (50% internet, 50% ancora TV purtroppo) e quella dei nostri padri (100% TV) c’è qualcosa di più di un semplice gap generazionale. Alcuni della generazione precedente hanno la sensibilità di rendersene conto e finalmente stanno iniziando a superare i timori e prenderne coscienza; altri invece non si arrendono all’idea di dover imparare di nuovo cose che avevano già affrontato e imparato; cose tecniche, come ad esempio fare con il computer le cose che hanno sempre fatto a mano… dallo scrivere al progettare… dal disegnare al comunicare; ma anche cose più sociali e umane… la stessa comunicazione cambia, non è solo un cambio di strumento (un telefono fisso NON si usa come un telefono cellulare; un telefono VOIP non si usa come un telefono fisso o un telefono cellulare)… le dinamiche sociali cambiano… i percorsi mentali cambiano… il cervello stesso biologicamente cambia (mentre parliamo ci sono aree del cervello che si stanno accendendo sempre di più)…

    Carlini evidentemente ancora è uno di quelli che si oppone al cambiamento repentino di tutto ciò che conosceva.

  9. aghost Says:

    mfp, qui lo spazio non è contingentato come sui giornali o in tv quindi puoi esprimerti liberamente :))))

    Su Carlini non so che dire, mi pare un atteggimento di chiusura tipico di chi PRIMA è giornalista, poi viene tutto il resto. Certo per un giornalista vecchio stampo tutto quel che sta accadendo dev’essere un trauma :)

    Personalmente ho sempre amato imparare cose nuove, e quello che so lo devo in gran parte da autodidatta. Ma mi rendo conto che per altri imparare cose nuove è uno sforzo notevole. Anche in questo credo che la scuola abbia grandi responsabilità.

    Longanesi del resto diceva: “tutto quello che NON SO l’ho imparato a scuola” :)


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