Lìder Maximo

dicembre 3, 2008

Alzi la mano chi non ha una fondazione. Ma come, possibile? Non ce l’ha nessuno? Strano, ce l’ha pure D’Alema: è la fondazione Italianieuropei, sottotitolo “A New Social Policy for the European Citizens” (chissà perché mai in inglese, forse fa più impressione).

Cosa fa una fondazione, oltre a dare lustro al suo titolare? Non si capisce bene. Io sono ignorante e non so a cosa serva, chi la paghi e cosa faccia di preciso. Una volta le fondazioni erano istituzioni benefiche, magari nate da qualche importante lascito o cose del genere. Ora tutti si sono messi a fare fondazioni, qualcuno di recente aveva proposto addirittura di trasformare le scuole in fondazioni. Ma perché? Ah saperlo, la gabola da qualche parte ci sarà sicuramente. In quella di D’Alema studiano, ricercano, ponderano e, sospetto nella mia volgare rozzezza, probabilmente si parlano addosso.

Ecco però gli intenti, almeno quelli dichiarati ufficialmente, di Italianieuropei:

È una Fondazione di cultura politica, nata nel 1998 su iniziativa di un gruppo di personalità del riformismo italiano per contribuire alla europeizzazione e alla selezione delle nuove classi dirigenti nel campo della politica, dell’impresa, dell’amministrazione pubblica e della cultura.

È uno strumento di riflessione pubblica, per alimentare la discussione in seno all’opinione colta sui principali nodi dell’innovazione politica ed economica e sui passaggi necessari all’Italia per ridefinire i suoi fondamenti politico-culturali.

È una istituzione di ricerca, per promuovere studi e approfondimenti capaci di alimentare la produzione di idee all’altezza delle sfide di questo nuovo secolo.

È una istituzione di formazione, per l’aggregazione di professionalità e competenze attorno all’obiettivo della promozione competitiva di nuove classi dirigenti nella politica e nell’economia.

È un luogo di incontro tra le diverse tradizioni culturali del riformismo italiano, per contribuire alla vita politica con soluzioni di governo adeguate al nuovo scenario mondiale attraversato da potenti correnti di innovazione di cui l’Italia è stabilmente partecipe.

Ma chi c’è dietro? Un truppone:

Consiglio di Amministrazione

Massimo D’Alema, Silvano Andriani, Ivano Barberini, Antonio Landolfi, Luigi Manconi, Andrea Manzella, Alfio Marchini, Alfredo Reichlin, Giorgio Ruffolo, Ersilia Salvato, Giuseppe Vacca, Riccardo Viale, Vincenzo Visco, Rodolfo Zich.

Comitato Scientifico

Laura Balbo, Augusto Barbera, Mirella Barraco, Remo Bodei, Massimo Cacciari, Luciano Cafagna, Luciano Canfora, Sabino Cassese, Marco Causi, Franca Chiaromonte, Biagio De Giovanni, Gabriele De Rosa, Luciano Gallino, Emanuele Galossi, Fiorella Kostoris, Miriam Mafai, Mauro Magatti, Enrico Menduni, Pietro Marcenaro, Marcello Messori, Antonio Missiroli, Giorgio Napolitano, Gian Giacomo Nardozzi, Massimo Paci, Pier Carlo Padoan, Leonardo Paggi, Alessandro Pizzorno, Silvio Pons, Giuliano Procacci, Andrea Ranieri, Nicola Rossi, Mariuccia Salvati, Giulio Sapelli, Chiara Saraceno, Gennaro Sasso, Salvatore Settis, Domenico Siniscalco, Giuseppe Tamburrano, Salvatore Veca, Gianfranco Viesti, Maurizio Viroli, Vincenzo Visco

Purtroppo leggo anche che il presidente del Comitato scientifico è Giuliano Amato, e tanto mi basta. Quello che guadagna per capirci una pensione da 25 mila euro al mese ma che, soprattutto, ebbe la pensata, nel 1992 quand’era premier,  di inventare il prelievo forzoso dai conti correnti degli italiani. il tristemente famoso 6×1000 scippato nottetempo, un autentico borseggio con destrezza che, in un paese serio, avrebbe provocato una nuova marcia su Roma coi forconi.

La fondazione Italianieuopei si sostiene economicamente, leggo nel sito, grazie a “donazioni private e contributi di imprese”. Tra i Soci benemeriti della Fondazione figurano esponenti del mondo imprenditoriale come, tra gli altri, Guidalberto Guidi, Gianni Agnelli, Francesco Micheli, Vittorio Merloni, Claudio Cavazza, Carlo De Benedetti, Gianfranco Dioguardi e Paolo Marzotto insieme ad aziende quali Pirelli, Gruppo Marchini, Philip Morris, Glaxo Wellcome, Pharmacia & UpJohn, Lega delle Cooperative, ABB ed Ericcson.

La Philip Morris? Quella che fa sigarette? E un’azienda farmaceutica? C’è anche la Pirelli e persino il defunto Gianni Agnelli, un capitalista che finanziava un comunista…

Ma torniamo a D’Alema, per dire che l’ineffabile Piero Ricca ed suoi accoliti sono andati, senza alcun rimore reverenziale come al solito, a rompergli l’anima in un dibattito con Salvatore Veca e Antonio Cassese, presso la Casa della Cultura di Milano. Il video è, come sempre, piuttosto illuminante di come funzionino certe immarcescibili leadership. Ciascuno tragga le sue conclusioni.

5 Responses to “Lìder Maximo”

  1. stargazer Says:

    Se stai leggendo come me Il Ribelle di M. Fini (grazie per la segnalazione), dice che Destra e Sinistra, Liberalismo e Marxismo, si sostengono a vicenda e comunque esistono entrambi in funzione di un unico modello di sviluppo e di società. Fini ha trovato le giuste parole per un’idea che ormai abbiamo un po’ tutti, di una classe politica che a prescindere dal colore assolve le stesse funzioni nei confronti di banche, grande imprese, elites, ecc.

    Dispiace molto vedere i “militanti” di “sinistra” uguali uguali agli zombi berluscones, sempre pronti ad applaudire i leader, a riempirsi la bocca di paroloni come “democrazia” e “libertà”, per poi gridare “vattene” o “levati dai coglioni” a chi non si arrende al pensiero unico.

    Nel video, le signore in prima fila che urlano “ma che c’entra!” alla domanda di Ricca su Consorte sono il simbolo di una società italiana sorda, cieca e muta che sta permettendo a Berlusconi e gli wanna-be del PD di distruggere questo paese.

  2. picchiatello Says:

    Le fondazioni servono eccome , servono per finanziare , servono per dare gettoni di presenza gia’ tassati , servono come scatole cinesi, servono per spostare fondi a destra e manca.
    Non a caso le ex casse di risparmio sono diventare fondazioni in cui chi sta a capo decide quali e quanti emolumenti auto-darsi.
    I nomi da te citati in gran parte sono anche nei patti di sindacato di mediobanca , delle generali , di intesa San Paolo, di Unicredit ect ect ect…..


  3. a stare in una fondazione è gran dura rimetterci, e per andarci non serve neanche pagarsi una campagna elettorale

  4. Fabrizio, the wings Says:

    beh che dire, D’alema è finito…mo tocca a al berlusca


  5. Sta cosa delle fondazioni mi ricorda molto il lobbismo americano… non so se è un male o se è più un bene che almeno sono alla luce del sole e sai chi hai di fronte…


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