Berlusconi vade retro
ottobre 5, 2009
Un manipolo di contestatori ha accolto come si deve Berlusconi e la passarella dei politici dopo l’alluvione nel messinese (“mafioso”, “assassino” eccetera). Contestato anche il giornalista Rai che ha interrotto il collegamento per non far vedere i manifestanti.
Berlusconi ha dovuto entrare da un ingresso secondario, dietro al palazzo. Non mi pare di aver visto nessuna immagine della contestazione in nessun telegiornale. O mi sbaglio?

Guerrilla gardening
agosto 25, 2009
Tra i tanti movimenti balzani che nascono ogni giorno, ce n’è uno particolarmente interessante, nato in Italia circa 2-3 anni fa a Milano, che si chiama Guerrilla Gardening.
E’ un gruppo di volontari appassionati del verde che hanno deciso di contrastare il degrado cittadino e, nottetempo, col favore delle tenebre, provvede a ripulire aree, ripristinare o creare aiuole, piantare fiori ed alberi. Quello che ieri era uno squallido spartitraffico, al mattino diventa una splendida aiola fiorita, un angolo di cortile pieno di immondizia diventa nottetempo un piccolo giardino verde.
Dal gruppo di giovani milanesi che organizza questi “attacchi verdi” contro l’incuria delle amministrazioni comunali, stanno nascendo gruppi indipendenti in altre città. La popolazione cittadina risponde bene, alcune aziende di giardinaggio aiutano con consigli e donano piante e materiali pro-causa. Ogni giorno nuovi “guerriglieri” si aggiungono per trasformare e riappropriarsi degli sterili ed impersonali spazi comuni cittadini. Tutti possono diventare un guerrigliero verde: basta documentare “un attacco” e inviare le fotografie sul sito ufficiale, dove saranno pubblicate.
Mi sembra una bellissima iniziativa e, nel mio piccolo, senza saperlo ero anche io un guerrigliero, avendo creato un aiola di nasturzi dove crescevano le ortiche qui sotto casa.
Speriamo piuttosto che queste iniziative non siano una ghiotta occasione per gli zelanti vigili della Polizia municipale di appioppare multe e fare cassa.

Sai cosa mangi?
agosto 4, 2009
Un film-documentario piuttosto inquietante su come funziona l’industria alimentare, o perlomeno di una parte non trascurabile. E’ la storia di Monsanto, una delle più potenti multinazionali specializzata in biotecnologie alimentari e la maggiore produttrice di sementi transgeniche al mondo (OGM – organismo geneticamente modificato). Il video è sottotitolato in italiano.

Battaglie perse
giugno 30, 2009
Steven Vromman, cittadino belga di 48 anni, ha deciso di vivere con una impronta ecologica bassissima, mantenendo comunque una buona qualità della vita.
«Sulla terra ci sono sei miliardi settecentomila abitanti, dividendo il pianeta per ogni singolo individuo, la quantità di terra a disposizione di ognuno è di 1,6 ettari. Se tutti vivessero come i cittadini del mondo occidentale, come i belgi con una media di 5,1 ettari, ci vorrebbero tre pianeti!». Steven aveva già una coscienza ambientalista e non possedeva un automobile: il suo impatto ambientale era di 3,5 ettari. Non è andato a vivere nella foresta come un eremita ma è rimasto a casa sua, a Gent, ricca città delle Fiandre a 56 km da Bruxelles. Ha deciso di modificare le sue abitudini quotidiane e ha apportato innovazioni “verdi” alla sua abitazione.
Per alimentare il suo computer, utilizza l’energia generata pedalando su una bicicletta da passeggio collegata con un generatore di corrente e una batteria. Con venti minuti di pedalate ha elettricità per utilizzare 1 ora il computer. Ha scelto un computer portatile perché consuma meno di un normale computer da scrivania. Ha un lettore mp3 che funziona a manovella con una dinamo. Ha sostituito tutte le vecchie lampadine di casa con quelle ecologiche, ha messo uno strato di carta velina trasparente sui vetri delle finestre ottenendo così lo stesso effetto delle finestre a doppio vetro. Trattenere il calore è fondamentale per consumare minore quantità energia possibile. La temperatura in casa è di 18 gradi. Tra i termosifoni e il muro c’è uno strato di alluminio, così il calore non si disperde sulla parete, ma è reindirizzato nell’ambiente casalingo. Il pavimento è isolato tramite un soppalco di 10 centimetri fatto di sughero – «È un ottimo materiale isolante ed è naturale» – dice Steven Vrommer che ha eliminato da casa la televisione, il ferro da stiro, il bollitore e il forno a microonde. I giornali non li compra, li consulta in biblioteca.
Steven ha fuori dalla sua casa a piano terra una cisterna nella quale raccoglie acqua piovana che utilizza per il bagno. L’acqua corrente del rubinetto serve solo per bere, cucinare e lavare i piatti. Bagnoschiuma e shampoo sono banditi, preferisce una tradizionalissima saponetta. Si rade con lamette usa e getta e schiuma da barba. D’estate l’impianto di riscaldamento dell’acqua rimane spento e, se serve, scalda l’acqua sul fornello a gas. Il consumo di acqua è enormemente basso: 15 litri al giorno contro i 120 litri consumati generalmente procapite. Per il cibo compra solo prodotti locali, spesso dalle fattorie, il latte per esempio. «Se compri alimenti che vengono da paesi lontani c’è il consumo di energia per il trasporto con navi e aerei». Acquista cibo non confezionato: prezzo basso e assenza di produzione di rifiuti. Nel salotto ha varie piante e coltiva pomodori e insalate. È vegetariano – infatti con la carne si produce un alto tasso di emissioni di CO2 – ma non vegano. «Ho tentato, ma con i miei due figli, è difficile».
Compra solo indumenti di seconda mano, unica eccezione le scarpe da jogging: «Mi piace andare a correre e le scarpe usate non sarebbero comode». «La mia vita costa il 20% in meno rispetto a prima». In un mese Steven produce 1 kg di immondizia generica. Il suo recipiente per le lattine e contenitori vari è lì da un anno senza mai essere stato svuotato, non ancora riempito per i suoi 500 grammi di capacità. In un anno e 1 mese è arrivato ad avere un’impronta ecologica di 1,9 ettari. Il suo traguardo di 1,6 sarà raggiunto quando a breve, in accordo con il proprietario di casa, isolerà anche il tetto. Il suo stile di vita vuole essere un esempio per tutti i cittadini, per questo ha rifiutato la candidatura alle prossime elezioni europee nel partito dei Verdi. «Non è difficile vivere in armonia con il pianeta, dobbiamo, però, tenere sempre in mente che ne abbiamo uno. Dobbiamo solo cambiare un po’ il nostro modo di pensare».
Tutto bello, in teoria, ma la vita “low impact” di Steven Vromman descritta dal Corriere a me pare una vita d’inferno. Tra l’altro impraticabile a gran parte delle persone. Provate a vivere senza automobile, tanto per dire, o andate a comprare il latte nelle fattorie (quali?), magari abitando a Milano o Roma. E’ quel genere di battaglie perse che a volte qualcuno, come Steven Vromman, persegue stolidamente nell’illusione di poter cambiare qualcosa.
E’ vero che spesso si possono seguire alcuni comportamenti virtuosi che limitino gli sprechi più evidenti, ma se non si cambiano le cose a livello di “sistema”, sono battaglie inutili e velleitarie. Sarà anche che io sono poco paziente, ma già mi innervosico quando non trovo la campana dei rifiuti dove dovrebbe essere (si perché dove abito io le spostano a tradimento), oppure quando devo prendere l’auto e fare svariati chilometri per andare a portare i miei rifiuti al centro di raccolta differenziata. Ma ha senso costringere i cittadini a portare a spasso i rifiuti con l’automobile, e quindi a consumare e inquinare ulteriormente? Piccolo esempio: nel mio piccolo orto potrei fare il compostaggio. Ma la società municipalizzata Spa che gestisce i rifiuti mi “premia” con ben 5 euro l’anno di sconto sulla tassa per i rifiuti. Avete capito bene, 5 euro l’anno!
Altro esempio, notizia di ieri: la UE ha stabilito che i caricabatterie dei telefoni cellulari dovranno essere di un unico tipo. Bravi, e ci voleva tanto? Certo potevamo ricaricare il telefono con la manovella con la dinamo come fa Steven Vromman, ma ha senso? Ha senso che uno metta le lampadine ecologiche in casa e poi fuori, in strada, ci sono insegne luminose di tutti i tipi che funzionano giorno e notte?
La logica di imporre delle regole ai costuttori di telefonini dovrebbe essere applicata a tutti i settori che comportanto consumi di massa come per l’energia elettrica, l’acqua, l’industria di qualsiasi tipo. Pretendere che sia il singolo cittadino di buona volontà ad adottare comportamenti virtuosi ed ecologici è assurdo.
Bear Attack!
Maggio 27, 2009
Crescere sempre
Maggio 1, 2009
La Fiat che salva la Chrysler sembra una barzelletta, il cieco che guida lo storpio, ma la realtà evidentemente supera di gran lunga qualsiasi fantasia. L’idea che l’americano tipo col macchinone da 6 metri o col pick-up supercilindrato si imbuchi nella nuova 500, o nella Panda, mi pare davvero un’idea bizzarra.
Piuttosto preoccupante, anzi direi illuminante, mi sembra però la frase di Sergio Marchionne commentando l’accordo. “E’ assolutamente indispensabile produrre 5-6 milioni di auto per sopravvivere“.
Produrre, produrre, produrre, senza se e senza ma, è il mantra dell’industria automobilistica. Ma anche i bambini sanno che i palloni non possono essere gonfiati all’infinito, prima o poi scoppiano e il gioco è bell’e che finito.

Imballato
aprile 28, 2009
Nella foto vedete il demenziale imballaggio di una schedina di memoria Sandisk. La schedina misura cm 3,2×2,5 (indicata dalla freccia rossa a destra).
La dimensione esterna del guscio di plastica plastica è di cm 12×18. La confezione contiene un altro guscio di plastica che contiene a sua volta una scatolina di plastica con la schedina. Inoltre il foglio istruzioni in 12 lingue di cm 27×23 , un cartoncino copertina di cm 13×18 e il suo retro di cm 13,8×9, un foglietto pubblicitario di cm 13×9, tre etichette adesive cm 4×3,5 cadauna. La schedina, da 8 GB di capacità, è costata 36,5 euro, l’imballaggio non so.
La dimensione dell’imballaggio supera di quasi 30 volte (29,5) quella dell’oggetto che lo contiene. Ora mi chiedo: col grave problema di smaltimento dei rifiuti che hanno le società moderne, ha senso tutto questo spreco di carta e plastica?
Ad esempio, non capirò mai i manuali di istruzione multilingue, all’utente di solito serve in una lingua sola. Talvolta nella confezione ci sono addirittura più manuali in lingue diverse, che ovviamente vengono buttati via. Oppure ci si deve tenere un manuale multilingua di 400 pagine quando ne basterebbero 40. Ma se le industrie fanno così, una ragione ci dovrà pur essere, per quanto stupida ci possa sembrare.
Qualcuno potrebbe obiettare: bravo merlo, potevi fare a meno di comprare una schedina imballata così, è il consumatore che decide. Peccato che non funzioni così, il consumatore non decide un bel nulla, consuma e basta. Avevo bisogno della schedina, quella c’era e quella ho preso. I comportamenti individuali del consumatore che possano modificare quelli dell’industria sono pressoché insignificanti. Per far questo servono delle leggi che impongano ai fabbricanti l’uso di imballaggi sensati e, possibilmente, biodegradabili.
Ma in una società e in un sistema economico in cui si vive nel mito della crescita continua, è realistico aspettarsi un cambio di rotta in questo senso se non quando sarà, come al solito, troppo tardi?
Villaggio senza mosche
aprile 24, 2009
“Più o meno gli darà la stessa impressione che suscitarono le capanne di sterco e fango dei Samburu a una dottoressa svizzera, inviata dall’Organizazzione Mondiale della Sanità in Kenia. La accompagnavo, durante la micidiale carestia del 1984, a visitare i villaggi abbandonati dei pastori. Le mosche erano dappertutto. La signora arricciava il naso, mi guardava con rimprovero e criticava l’igiene dei Samburu, gente che mette le vacche in casa per sentirsi bene con il mondo. A un certo punto trovammo un villaggio senza mosche. La dottoressa svizzera mi indicò le coperture delle capanne, che erano di plastica, ricavate dai teloni blu e gialli degli aiuti umanitari. “Vede che se si impegnano riescono a tenersi puliti? Niente mosche qui”, commentò.
“Mi stia a sentire”, risposi, “niente mosche significa niente merda; niente merda vuol dire che le vacche sono morte; niente vacche, niente latte. Niente latte, tutti morti. Io preferisco la merda e le mosche, signora.”
(da Niente, p.166, di Alberto Salza, antropologo)
Ultimo libro di Salza: “Niente. Come si vive quando manca tutto“.
Antropologia della povertà estremaEditore: Sperling & Kupfer 2009

Protezione (in)civile?
aprile 14, 2009
E’ possibile che dopo parecchi giorni dal terremoto, come si legge dalle cronache, la gente sfollata nei campi-tenda allestiti dalla Protezione Civile debba fare la coda per andare al bagno, non possa farsi una doccia? Possibile che in certi campi manchi tutto, perfino il sapone? Che non ci sia ancora l’acqua, o la corrente elettrica?
La Protezione Civile dovrebbe essere pronta a intervenire tempestivamente in occasione di qualunque calamità naturale: può essere un terremoto ma anche un’alluvione, un incendio o una nube tossica (Seveso, Sloi eccetera).
Ripensandoci mi è venuto in mente che, a mia memoria, dove abito io (Trento) da alameno 40 anni a questa parte non è mai stata fatta una sola esercitazione di protezione civile che abbia coinvolto la cittadinanza. E’ possibile in questo modo fronteggiare al meglio un’emergenza? Nella mia sprovvedutezza, tenderei a pensare di no. Mi risulta che in Giappone facciano mega-esercitazioni annuali dove sono coinvolte migliaia di persone.
Lancio quindi una mini-indagine: chi di voi, o lettori di questo blog, ha mai partecipato ad una esercitazione di protezione civile? E se si, di che tipo?
