Dacci oggi la nostra sbobba quotidiana
settembre 26, 2009
Figura di palta del giornalista Giuseppe Cruciani di Radio24 che, conversando col regista Pasquale Squitieri durante il suo programma “La Zanzara“, ha ammesso candidamente di non sapere cosa fosse “Umberto D“, il capolavoro della cinematografia italiana e mondiale di Vittorio De Sica.
Il giorno dopo, Cruciani è stato rimbeccato da un ascoltatore col quale ha battibeccato a lungo in diretta aggravando, se possibile, la sua posizione, sfoggiando spocchia e sarcasmi fuori luogo.
A mio parere è abbastanza grave che un giornalista non sappia cos’è Umberto D, ma tant’è. Se il livello dei giornalisti che parlano tutti i giorni su una radio nazionale è questo, figuriamoci quale può essere quello della gente comune. Cruciani ha 40 anni, non ha mai visto Umberto D e non sapeva neppure cosa fosse, anzi ha confessato di essere un grande appassionato dei film di Lino Banfi, di cui ha tutti i dvd.
Probabilmente non è neppure tutta colpa sua. Io ho visto il film di De Sica, che è del 1952, tantissimi anni fa in televisione, quand’ero ragazzino. Nonostante i milioni di repliche che ci infligge la tv, non ricordo di averlo più visto, né in tv né al cinema. E’ introvabile: perfino la Cineteca Nazionale non ne possiede una copia. Nei negozi di videonoleggio Blockbuster l’area dedicata al cinema d’autore, perlomeno qui a Trento, è quella più striminzita, mentre gli scaffali traboccano di cinepanettoni, di film di avventura di Indiana Jones o quelli di arti marziali di Jackie Chan. Se domandi ai commessi un film di Bergman o Hitchcok, o peggio di Herzog o Aldrich, ti guardano a bocca aperta.
Non parliamo poi della cultura, cinematrografica e non, che passa in tv: una sbobba indigeribile dove, per sperare di vedere qualcosa di decente, bisogna aspettare le 2 di notte. Stando così le cose, cosa volete che ne sappiano le nuove generazioni di Umberto D? Di De Sica conoscono al massimo il figlio Christian, quello dei cinepanettoni per l’appunto.

Ora censurano anche i trailer
agosto 27, 2009
Sembra incredibile, ma in Italia ora censurano anche i trailer dei film. Mediaset e Rai hanno infatti rifiutato il trailer di Videocracy, il film di Erik Gandini che ricostruisce i trent’anni di crescita dei canali Mediaset e del nostro sistema televisivo.
La tesi del film è nota: in una videocrazia la chiave del potere è l’immagine. In Italia soltanto un uomo ha dominato le immagini per più di tre decenni. Prima magnate della TV, poi Presidente, Silvio Berlusconi ha creato un binomio perfetto caratterizzato da politica e intrattenimento televisivo, influenzando come nessun altro il contenuto della tv commerciale in Italia.
Se il rifiuto da parte di Mediaset di trasmettere il trailer si può capire, iniquieta quello della Rai del cosiddetto servizio pubblico. La motiviazione appare bizzarra: con una lettera in stile legal-burocratese, la tv di Stato spiega che, anche se non siamo in periodo di campagna elettorale, il pluralismo alla Rai è sacro e se nello spot di un film si ravvisa un critica ad una parte politica ci vuole un immediato contraddittorio (?) e dunque deve essere seguito dal messaggio di un film di segno opposto (!).
Lo spot, secondo la Rai, veicola un inequivocabile messaggio politico di critica al governo perché proietta alcune scritte con i dati che riguardano il paese (es. L’Italia è al 73° posto nel mondo per la libertà di stampa) alternate ad immagini di Berlusconi. Niente trailer quindi sulla Rai. A questo siamo ridotti. Il film Videocracy sarà distribuito nei cinema il 4 settembre, sempreché, visto che Berlusconi controlla anche la distribuzione nella sale, non censurino pure quelli.

2012 effetti speciali
agosto 11, 2009
Per gli appassionati del genere catastrofico segnalo “2012“, il film che si annuncia come il top degli effetti speciali mai visti. Di solito i film che si basano troppo sugli effetti sono quasi sempre delle mezze boiate, ne ho visti parecchi del genere: da Titanic a Indipendece Day (una stronzata epica), da Jurassic Park a Godzilla. Begli effetti per carità, ma con storie assolutamente ridicole e scontate.
Sono persino riusciti a rovinare una pietra miliare della fantascienza, un film bellissimo come Alien, con dei sequel demenziali: quando in uno degli ultimi film si vedevano gli alieni uscire a frotte anche dalla tazza del cesso, il pubblico sbadigliava e fu chiaro che il genere era al capolinea. Con gli effetti speciali bisogna andarci cauti. Un’esplosione in un contesto sensato è spettacolare, ma 100 esplosioni di fila solo per movimentare la scena, per quanto ben fatte, annoiano.
Un film del genere catastrofico che ricordo di recente, e che mi era sembrato decoroso, è stato The Day After Tomorrow: non era così malaccio.
In passato ho trafficato con le animazioni e la computer grafica 3D e quindi sono sempre curioso di vedere lo stato dell’arte in questo campo. Com’è noto, agli inizi la sfida tecnica era di riprodurre oggetti o situazioni che non fossero distinguibili dal reale. Ora che questo traguardo è stato raggiunto, direi che si potrebbe passare oltre, nel senso che la vera sfida della computer grafica è, secondo me, dare corpo alle idee, all’immaginazione, al fantastico, non imitare pedissequamente la realtà. Vedi ad esempio il capolavoro Tin Toy di John Lasseter.
I film catastrofici si pongono a metà strada tra questi due obiettivi. Riproducono scenari reali ma con eventi immaginari esagerati, tipo inondazioni, terremoti, asteroidi che distruggono la terra eccetera, insomma situazioni difficilmente immaginabili. In particolare, riprodurre effetti realistici con grandi masse d’acqua è un traguardo tecnico ormai raggiunto (un tempo era un effetto difficilissimo da ricreare), vedi ad esempio La tempesta perfetta, come film una vaccata allucinante, ma con simulazioni dell’onda-monstre da rimanere a bocca aperta.
Questo “2012”, anche se la trama si annuncia non proprio orginalissima, sembra destinato a diventare il nuovo termine di paragone per quanto riguarda gli effetti speciali. La trama, piuttosto esile, è presto detta: il 2012 è l’anno in cui secondo il calendario Maja ci sarebbe la fine del mondo. Mentre la fatidica data si avvicina, il professor West viene a conoscenza di alcune tempeste solari di forte intensità che stanno investendo il pianeta. Lo scienziato prova a dare l’allarme ma viene osteggiato dalla comunità scientifica… Intanto il tempo passa e le catastrofi si fanno sempre più frequenti.
La trama come si vede non promette nulla di buono ma gli effetti, almeno a giudicare dal trailer, dovrebbero essere davvero stupefacenti.

Computer grafica
luglio 10, 2009
Incredibile computer grafica giapponese nella simulazione di combattimenti aerei… siamo quasi alla perfezione!
(PS: il sonoro purtroppo non è quello originale, ma se è come le immagini….)
Karl Malden
luglio 2, 2009
È morto a 97 anni il celebre attore americano Karl Malden. Specializzato in parti di caratterista, con quel gran naso a patata, aveva vinto l’Oscar per il ruolo di Mitch in “Un tram che si chiama desiderio” (1951) di Elia Kazan, in cui aveva recitato con Marlon Brando.
Proprio con Brando me lo ricordo nella parte di un meraviglioso bastardo in I due volti della vendetta. Ogni tanto lo danno in tv, se capita guardatelo :)
Stop motion 1/3
giugno 23, 2009
Quando ho iniziato a pasticciare con l’animazione, alcuni decenni fa, il sistema tradizionale era quello dello “stop-motion” (o passo uno). Vale a dire una cinepresa a passo singolo, cioé in grado di filmare un fotogramma alla volta invece di 16-24 al secondo. Mi ero comprato, dalla Russia, una possente Krasnogorsk 16 mm, copia della cinepresa Rollei, che veniva utilizzata comunemente nei tele o cinegiornali sovietici dell’epoca.
Il motore era rigorosamente a molla, una carica col “chiavettone” forniva un’autonomia di circa 20 secondi per volta, dopodiché il motore si fermava e occorreva un’altra ricarica. Una bobina di pellicola da 30 metri durava circa 10 minuti. Possono sembrare limiti gravi oggi, che siamo abituati a girare ore con le moderne videocamere, ma all’epoca erano più che sufficienti nel 70-80% dei casi.
Io utilizzavo la Krasnagorsk soprattutto per sperimentare il famoso “passo uno”, una tenica che si poteva far risalire addirittura ai primordi del cinema, ai primi trucchi di George Melies alla fine del 1800. Le animazioni possibili erano di due tipi: il cartone animato o l’animazione con pupazzi.
Per un cartone animato decentemente fluido, bisognava realizzare almeno 16 disegni per ogni secondo di film. Significa che un’animazione di 10 minuti richiedeva ben 9600 disegni! Un lavoro massacrante. Mi ero autocostruito un banco di animazione, un cassoncino di legno con una lastra di vetro e una luce all’interno, sopra al quale si posizionavano i disegni, bloccandoli con un registro e disegnando in trasparenza sui fogli di carta (gli acetati costavano troppo!).
Una volta realizzati i disegni, questi andavano filmati, uno alla volta, con la cinepresa a passo uno, ovvero scattando un fotogramma per ogni disegno. Durante la proiezione, con la pellicola che scorreva a 18 o 24 fotogrammi al secondo, si aveva l’illusione del movimento. Fare 16 disegni ogni secondo era già uno lavoro titanico: gli animatori del celeberrimo e inarrivabile Walt Disney, per dire, ne facevano 24 ogni secondo e per questo i loro cartoni erano così meravigliosamente fluidi.
L’alternativa al disegno animato era usare dei pupazzi. Di solito si utilizzava la plastilina, o il pongo. Il principio dell’animazione rimaneva invariato: ci volevano da 16 a 18 movimenti al secondo per eseguire un movimento decente. Vale a dire che se il nostro pupazzo doveva alzare un braccio, bisognava spostargli il braccio per 16-18 volte, dalla posizione di partenza a quella d’arrivo, e ogni volta scattare un fotogramma. Un lavoro spaventoso, in parte alleviato dal fatto che il pupazzo, a differenza dei disegni, una volta realizzato non bisogna rifarlo ogni volta ma muovergli solo le parti strettamente necessarie.
Questa faccenda della velocità della pellicola e della fluidità dell’animazione è presto spiegata: siccome la pellicola scorre nel proiettore alla cadenza fissa di 24 fotogrammi al secondo (una volta erano 18), se durante le riprese si fanno meno di 24 fotogrammi/sec il movimento in proiezione appare più veloce, se si scattano più di 24 fotogrammi/sec si ha il “rallentatore” (almeno 36 o 48 ft/sec).
Fare un lavoro del genere da soli, o anche diviso al massimo tra due o tre persone, risultava comunque pensatissimo. Infatti finiva sempre che i primi secondi di animazione erano abbastanza accurati, poi subentrava lo svacco e il pupazzo dopo i primi secondi di movimento flessuoso si muoveva a scatti come un paralitico.
Mai siamo riusciti a superare la durata di qualche minuto di animazione. Dopo alcuni giorni di lavoro intensissimo ci prendeva lo sconforto. Ma poi, vedere l’animazione creata da zero, sia pure di pochi traballanti secondi, era semplicemente entusiasmante [segue…]

Tutti registi
giugno 7, 2009
Il vostro sogno è fare il regista ma non avete la più pallida idea di come iniziare, per non parlare dei quattrini necessari? Be’, Moviestorm puà essere un inizio :). Si tratta di un software gratuito che permette di creare scenari 3d, attori virtuali recitanti, storie, assemblando il tutto con titoli, musica, effetti. L’aspetto finale somiglia un po’ a quello dei videgiochi, ma nel complesso non è male.
Sul sito è attiva una community per confrontarsi con altri aspiranti registi, oltre ad una gallery dei video realizzati. Io non ho ancora provato moviestorm, ma un giorno, chissà. Se qualcuno lo facesse, sarei grato se lasciasse qui le proprie impressioni :)
Morto Paul Newman
settembre 28, 2008
Un altro grande divo di Hollywood se n’è andato e ora le lodi si sprecano. A me Paul Newman non è mai piaciuto troppo. Un attore di grande presenza scenica senza dubbio, ma terribilmente monocorde. A pensarci bene, ha recitato sempre la stessa parte.
Segnalo l’interivsta alla Fallaci pubblicata da Il Giornale:
“Io non funziono bene tra la gente, gli applausi, la curiosità. Non a torto non vado mai ai festival: questa era la prima volta e sarà anche l’ultima.
Per esempio: a me piace star sulla spiaggia, nuotare, e come si fa a star sulla spiaggia con quella folla che ti preme intorno e quei fotografi che ti seguono nell’acqua? Dà angoscia, imbarazzo: come quando, non so, devo andare al Chinese Theatre di Hollywood per la prima di un film e appena scendo dall’automobile la gente si mette a gridare.
Una cosa è stare sul palcoscenico quando il sipario è abbassato e la gente ti applaude: ti applaude perché hai fatto uno sforzo, un lavoro. Una cosa è scendere da un’automobile e ricevere applausi perché scendi da un’automobile”.