ribelli

In questi tempi di crisi dell’editoria, fa piacere segnalare la nascita di due nuovi giornali. Uno è il mensile “Il Ribelle” di Massimo Fini, che proprio nuovissimo non è avendo compiuto il primo anno di vita, l’altro è il quotidiano “Il Fatto” di Antonio Padellaro, che sarà in edicola il 23 settembre prossimo.

Io mi sono abbonato a Il Ribelle: 50 euro per entrambe le edizioni su carta e sul web. Ho letto queste considerazioni da parte della redazione oggi con molta soddisfazione:

Stiamo pensando, e siamo già al punto pratico, di proporre una versione quotidiana de “La Voce del Ribelle”. Una versione su internet, per essere precisi, che affiancherà quella mensile che già conoscete.

Sarebbe un modo per essere in contatto quotidiano oltre che mensile come adesso. Lasceremmo al mensile gli approfondimenti mentre pubblicheremmo sul quotidiano on line tutte le note, gli editoriali e gli interventi relativi alla stretta attualità. Beninteso, nella versione quotidiana non trovereste un elenco di notizie simile a quello degli altri siti di cosiddetta informazione, quanto una selezione di notizie che a nostro avviso sono veramente importanti – e spesso taciute – che proprio gli altri media (chissà perché?) non affrontano.

Ma non solo. Cercheremmo di spiegare i perché della notizia. Di leggere tra le righe. Di capire gli effetti che le cose che accadono hanno realmente su di noi. Altri vi danno le notizie (e non quelle veramente rilevanti) noi vi spiegheremmo i perché, ovviamente con la chiave di lettura che già conoscete. Notizie, editoriali e altre pillole multimediali per avere uno schietto e chiaro contatto quotidiano.

Gli abbonati del Ribelle sono circa 3000, sembrano pochi in effetti, ma possono essere l’inizio di una piccola valanga :). Quelli de “Il Fatto”, che hanno incredibilmente raccolto oltre 24 mila obbonamenti comprati a “scatola chiusa”, tanto per dire quanta fame c’è di buona informazione, hanno dichiarato che con circa 12.000 copie vendute possono considerarsi in attivo.

Particolare importantissimo: nessuno dei due nuovi giornali succhierà contributi pubblici.

Pagare le notizie? Ah ah

Maggio 27, 2009

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Anna Masera su La Stampa si chiede, o meglio chiede ai suoi lettori, se sarebbero disposti a pagare le notizie. L’interrogativo, peraltro ormai annoso, è stato rilanciato dal convegno annuale organizzato dall’Osservatorio Permanente Giovani Editori.

I responsabili dell’informazione italiani si sono dimostrati d’accordo. “L‘era delle news gratis è vicina al tramonto”, “L’informazione non a pagamento è insostenibile” hanno affermato Giancarlo Cerutti, presidente del Sole 24 Ore, e John Elkann che guida l’Editrice La Stampa. Dello stesso parere anche Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera. «Credo che pagare le news online sia la strada da percorrere», ha esordito Elkann. D’accordo Cerutti, ma il presidente del Sole 24 Ore è cauto. Difficile, spiega, che «si possa passare da tutto gratis a tutto a pagamento. Insomma, il passaggio dovrà essere graduale». Una possibile ricetta arriva da De Bortoli. Il direttore del quotidiano di via Solferino ipotizza una «sfida dei micropagamenti» che potrebbe «riuscire a dare all’utente un servizio personalizzato».

Se De Bortoli fosse un blogger, qualcuno gli darebbe retta? E quanti lettori avrebbe? Qualcuno darebbe retta a uno come John Elkann, che ha avuto l’unico merito, perlomeno finora, di nascere nella famiglia giusta? Ma siccome De Bertoli dirige il Corrierone, ed Elkann guida l’editrice La Stampa, c’è un sacco di gente che pende inutilmente dalle loro labbra. E così i giovani editori si dimostrano uguali a quelli vecchi, anzi peggiori. Perché non hanno ancora capito che ragionano su un mondo ormai in estinzione, dove i “media mainstream” come i loro non hanno futuro, campano solo perché sovvenzionati dai finanziamenti pubblici e perché organici in qualche modo allo status quo. Chi mai pagherebbe on line i loro giornali zeppi di “notizie” di cui non frega niente a nessuno? Non hanno capito che quella che loro considerano “informazione”, è in realtà una sbobba che nessuno è disposto più a ingurgitare, per di più a pagamento.

Ormai la gente si informa altrove, le fonti di informazione, ma soprattutto di commento alle notizie, si sono moltiplicate all’infinito, i vecchi giornali o si rifondano da zero o non hanno futuro. Come ha scritto Clay Shirky La società non ha bisogno dei giornali, ha bisogno di giornalismo“. Parole sante. Per quel che mi riguarda, non spenderei un centesimo per la Stampa o il Corriere a pagamento. Pago invece, e con piacere, per un giornale come quello di Massimo Fini, “Il Ribelle“, perché penso mi aiuti a capire qualcosa della realtà che mi circonda: questo mi serve, un giornale utile per me e non per chi confeziona veline governative.

La prova che in Italia non si è ancora capito ancora nulla dell’andazzo generale è che, mentre in tutto il mondo chiudono i giornali di carta e aprono quelli on line, da noi chiudono quelli on line, come Panorama (che paraltro faceva decisamente schifo).

Democrazia?

novembre 7, 2008

oligarchia

La democrazia rappresentativa, la liberaldemocrazia, «la democrazia reale», quella che concretamente viviamo, è una parodia, una finzione, un imbroglio, una truffa. E un ingegnoso sistema per metterlo nel culo alla gente, e soprattutto alla povera gente, col suo consenso.

Perché non è la democrazia. Ma un sistema di minoranze organizzate, di oligarchie, politiche ed economiche fra loro strettamente intrecciate, legate spesso a organizzazioni criminali e, in parte, criminali esse stesse, che opprimono l’individuo singolo, che rifiuta di infeudarsi, di sottomettersi ad umilianti assoggettamenti, di baciare babbucce, e cioè proprio quell’ uomo libero di cui il liberalismo voleva valorizzare capacità, meriti, potenzialità e che sarebbe il cittadino ideale di una democrazia, se esistesse davvero, e che ne diventa invece la vittima designata.

In proposito la scuola elitista italiana dei primi del Novecento (Vilfredo Pareto, Gaetano Mosca, Roberto Michels) ha detto parole definitive muovendo alla democrazia rappresentativa obiezioni che in seguito nessuna alchimia giuridica è riuscita a superare.

Scrive Gaetano Mosca ne La classe politica: «Cento che agiscano sempre di concerto e d’intesa gli uni con gli altri trionferanno sempre su mille presi uno a uno che non avranno alcun accordo fra di loro». Il voto del cittadino singolo, libero, non intruppato, si diversifica e si disperde, proprio perché libero, laddove gli apparati dei partiti prima scelgono i candidati e poi, facendo blocco, anche gli eletti (nel sistema maggioritario o nel proporzionale con liste di preferenza preordinate, come quello adottato recentemente in Italia, non devono prendersi neanche questo disturbo: gli eletti sono scelti e calati direttamente dall’ alto). Il voto di opinione, cioè quello veramente libero, non ha alcun peso rispetto a quello organizzato. Lo stesso Norberto Bobbio, che pur ha dedicato tutta la sua lunga vita allo studio e alla difesa della democrazia, è costretto ad ammettere: «Oserei dire che l’unica vera opinione è quella di coloro che non votano perché hanno capito, o credono di aver capito, che le elezioni sono un rito cui ci si può sottrarre senza danni».

Con le elezioni, falsate in partenza perché le minoranze organizzate prevalgono sulla maggioranza dei cittadini singolarmente presi, le oligarchie politiche si impadroniscono innanzitutto dello Stato e delle sue Istituzioni attraverso le quali esercitano un potere formalmente legale, ma sostanzialmente arbitrario, per il modo con cui è stato ottenuto, che è la fonte delle ulteriori sopraffazioni sul cittadino. Infatti le oligarchie possono agire anche in quella vastissima area grigia, che non è legale ma neanche apertamente illegale, e quindi inafferrabile, degli abusi e dei soprusi contro i quali il cittadino è privo di difesa proprio a causa della loro indeterminatezza giuridica e perché è un isolato. Si pensi, per fare solo due esempi, a tutto il sistema clientelare organizzato dalle oligarchie e intorno ad esse col quale si favoriscono i propri adepti e seguaci a danno e mortificazione degli altri, oppure, specialmente in Italia, all’occupazione della tv di Stato ad opera dei partiti.

Infine i membri delle oligarchie possono operare nell’ombra, del tutto fuori dalle leggi o in contrasto con esse, cioè in maniera inequivocabilmente criminale, sicuri di una sostanziale impunità grazie all’intreccio di interessi che legano il mondo politico, economico, finanziario, bancario, giornalistico e i loro attori che, nell’insieme, costituiscono una vera e propria classe di privilegiati, anzi l’unica classe rimasta su piazza dopo lo sbiadirsi delle contrapposizioni fra le vecchie categorie di Destra e Sinistra  e, sociologicamente, l’omologazione della popolazione in un indistinto ceto medio. Questa classe, divisa al proprio interno dalla lotta per la spartizione del potere, si ricompatta immediatamente, per un riflesso di autoconservazione, di fronte al pericolo, quando contro di essa o alcuni dei suoi esponenti di rilievo si profili l’intervento della Magistratura per richiamare anche costoro al rispetto di quella legge che obbliga tutti gli altri.

Non esistono giudici a Berlino. E anche qualora esistessero verrebbero resi innocui e ricondotti rapidamente all’ordine, come è avvenuto con Mani Pulite, o, uscendo dalla tinozza italiana, com’è stato per Chirac o Giscard d’Estaing che fu pescato, a suo tempo, a farsi regalare dei diamanti dal cannibale Bokassa (indagine partita da un’inchiesta del «Canard Enchaìné») e che oggi ritroviamo nelle vesti di principale estensore della Costituzione europea. E se per caso i magistrati si intestardiscono a voler considerare la democrazia rappresentativa e la loro funzione di garanzia una cosa seria, allora ci sono le leggi a tirar fuori d’impaccio l’oligarca. E poiché il Parlamento, che è il centro del potere oligarchico, è sovrano, tutto resta nella legalità formale e democratica.

Le democrazie sono quindi delle aristocrazie mascherate. Ma con sostanziali differenze rispetto alle aristocrazie storiche. Innanzitutto quelle erano dichiarate. In secondo luogo gli appartenenti alle aristocrazie vere e proprie dovevano possedere delle qualità specifiche e ottemperare ad alcuni, e precisi, obblighi. Per limitarci al feudalesimo europeo, il nobile è colui che sa portare le armi (e per ottenere questa capacità si è sottoposto a un lungo e faticoso tirocinio), che deve difendere il territorio e amministrare giustizia nel proprio feudo. Le aristocrazie mascherate, le oligarchie democratiche non posseggono qualità specifiche, prepolitiche. La classe politica democratica e formata da persone che hanno come elemento di distinzione unicamente, e tautologicamente, quello di fare politica. La loro legittimazione è tutta interna al meccanismo politico che le ha prodotte. L’oligarca democratico è un uomo senza qualità. La sua sola qualità è di non averne alcuna. Gode dei privilegi delle aristocrazie senza averne né le caratteristiche né gli obblighi.

Il rito delle elezioni serve unicamente a legittimare le oligarchie, politiche ed economiche, a continuare a macinare in tutta tranquillità i propri interessi e i propri affari, a godere in santa pace dei propri privilegi, a danno della maggioranza della popolazione. Ha la stessa funzione dell’«unzione» del re medievale senza averne la credibilità. E al cittadino di una simile democrazia non resta che scegliere da quale oligarchia, da quale aristocrazia o meglio mediocrazia, preferisce essere oppresso, umiliato, offeso e, sempre più spesso, anche sbeffeggiato.

da “Il Ribelle” di Massimo Fini, Marsilio editore

PS: Massimo Fini ha fondato un nuovo giornale, Il Ribelle. Penso che mi abbonerò