Arriva la G11
agosto 20, 2009
Novità in casa Canon, sta per arrivare la Powershot G11. Da una parte è deprecabile questa frenesia a sfornare nuovi modelli, (la G9 è ancora in vendita e la G10 è uscita quest’anno!), dall’altra è con piacere che si segnalano due novità. Una è la riduzione dei megapixel, dai 14 e rotti si torna a 10 mp (quindi qualità dell’immagine prevedibilmente migliore): finisce perciò, almeno per il momento, questa assurda gara a “chi ce l’ha più lungo”, con risoluzione esagerate spremute da sensori piccolissimi.
L’altra è il ritorno del display orientabile, inspiegabilmente eliminato nei modelli precedenti più recenti, una scelta demenziale che aveva fatto storcere il naso a parecchi possessori delle gloriose G3, G4 etc, me compreso.
Proprio pochi mesi fa, dovendo cambiare la G3, ho dovuto passare alla Canon SX1 invece che alla G10, proprio per il display orientabile, troppo comodo per fare macro, foto di fiori, inquadrature dal basso. Certo se riuscivano a schiaffarci i video hd come per la SX1 era meglio, invece ci si deve accontentare della risoluzione a 640×480. Giusto per incasinare, ancora una volta e grazie a scelte di marketing insondabili, la scelta tra ventimila modelli con differenze tutto sommato minime.

Cliente, allevamento o caccia di passo?
dicembre 6, 2008
Un volta si diceva che il cliente fedele è la vera ricchezza di ogni azienda, oggi non sembra più così. La prova? I famosi call center: in pratica le aziende si sono asserragliate nei fortini delle voci registrate, parlare con una persona umana è diventato sempre più difficile se non impossibile. E quando ci si riesce, bisogna ripetere il problema 10 volte, sballottati da un operatore all’altro che dà risposte diverse se non contraddittorie. Il cliente fidelizzato insomma è considerato una rottura di scatole. Oggi è soprattutto una preda, da cacciare con tutti i mezzi e gli espedienti possibili. Se poi non dura pazienza, anzi meglio.
Su Repubblica un interessante articolo su questo fenomeno: un tempo vezzeggiato dalle aziende, il cliente è diventato un fastidio da liquidare attraverso anonimi call center. Secondo uno studio, il consumatore affezionato è un costo, meglio favorire il ricambio alzando barriere. Il 59% degli intervistati da Accenture ha abbandonato almeno uno dei suoi fornitori nel corso del 2007. In Italia, la rabbia del cliente maltrattato sale a livelli mai visti: l’indice di soddisfazione elaborato dal Cfmt (osservatorio di Confcommercio e Manageritalia) è crollato in tre anni dal 70.4 al 63.8.
“Una notizia da prima pagina” per il sociologo Giampaolo Fabris: “È lo specchio di un mercato che ha rinunciato alla competizione per la qualità e gioca tutto sulla miope concorrenza dei prezzi“. Miope perché anche il cliente che abbocca all’offerta conveniente poi pretende qualità, e la sua frustrazione è un boomerang. “È un paradosso“, aggiunge Fabris, “si riempiono convegni di ‘marketing relazionale’, di human satisfaction, e poi ci si nega perfino al contatto col cliente“.
Bollette gonfiate, figura di palta di Telecom a «Mi Manda Rai Tre»
novembre 11, 2006
Ancora una volta Telecom Italia ha rimediato una figura di palta a Mi Manda Raitre.
Il programma, condotto in modo eccellente da Andrea Vianello, per la prima volta dopo l’omertosa gestione Marrazzo affronta di petto le molte magagne del monopolista telefonico e lo fa senza mostrare troppi timori reverenziali.
Nella puntata dell’10 novembre scorso, il «bagno di sangue» è toccato ancora una volta al povero, si fa per dire, Dario D’Aleo, «responsabile regolatorio di Telecom Italia» e perfetto prototipo del burocrate monopolista spocchioso e arrogante.
Vestito con un gessato a righe stile Al Capone (ma si può?) si è esibito, col suo linguaggio involuto e ampolloso, nel consueto repertorio di mezze verità e balle spudorate, cioè minimizzando o negando i fatti oltre ogni decenza, davanti a decine di persone in studio inferocite per le bollette gonfiate.
La dimensione del fenomeno, come ormai dovrebbe essere chiaro a tutti, è terrificante: le truffe telefoniche, di cui Telecom dovrebbe essere ritenuta quantomeno corresponsabile visto che lucra laute percentuali, riguardano milioni di utenti, con un giro mostruoso di «affari».
Secondo la stessa AGCOM (l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) i soli dialer hanno fruttato ai gestori addirittura 200 milioni di euro. Se a ciò si aggiungono i servizi non richiesti, le bollette gonfiate da telefonate mai fatte, addebiti sbagliati e comunque non dovuti e chissà che altro, si arriva a cifre da capogiro.
Quello che appare davvero incredibile è che nessuno, e ci riferiamo alle istituzioni, dal Ministero delle Comunicazioni alle varie Authority, intervenga seriamente per stroncare questo fenomeno vergognoso che non ha eguali nei paesi civili.
Eppure le soluzioni per far cessare questi abusi sarebbero semplici, rapide e di buon senso:
1) inibire tutte le numerazioni speciali, che devono essere attivate solo su richiesta esplicita dell’abbonato;
2) obbligo della conferma scritta, dopo l’attivazione telefonica, per la sottoscrizione di servizi;
3) sanzioni salate per chi trasgredisce o commette abusi
Ma siccome il business è ricco, anzi straricco, nessuno muove un dito.