Vincitori e vinti
novembre 5, 2008
Quando è uscito sul palco di Chicago, Obama è apparso alla folla con un’espressione ben poco allegra: aveva anzi l’aria preoccupata, l’andatura lenta, il sorriso stanco. Forse per l’effetto “rilassamento” dopo la tensione di una campagna elettorale lunghissima che gli ha richiesto certamente una forza psicologica spaventosa. Forse un desiderio remoto e inconfessabile di fuggire da tutto quel baraccone, dopo aver raggiunto l’incredibile traguardo così strenuamente inseguito.
Ha fatto un buon discorso, in cui aleggiava non tanto la gioia della vittoria ma la preoccupazione per l’enorme responsabilità, per i problemi immani che dovrà affrontare. Dopo il discorso, mentre era applaudito dalla folla entusiasta, a un certo punto è sembrato quasi che Obama, esausto, volesse appoggiare il capo sulla spalla della moglie. Michelle gli ha fatto un materno e un po’ patetico “pat-pat” sulla schiena, quasi volesse dirgli: “Adesso sì che sei veramente nella merda vecchio mio”.
Grandissimo invece il discorso d’addio dello sconfitto McCain, un esempio perfino imbarazzante (per noi italiani beninteso) di signorilità, generosità, coraggio e lealtà. Non ha cercato scuse, giustificazioni, ha detto semplicemente: “Ho fallito io”. Ha riconosciuto la vittoria e il valore di Obama, il momento storico per gli afroamericani, ed ha invitato infine i repubblicani a sostenere il nuovo presidente. Vi immaginate Berlusconi al suo posto, che inveisce stizzoso e paonazzo contro l’ennesimo broglio dei comunisti?
Quanto a Obama, ora c’è da sperare soprattutto in due cose: che non l’ammazzino, che non faccia cazzate.
Obama vs. McCain, vince l’idraulico
ottobre 17, 2008
Alla fine il colpo da KO non c’è stato. McCain è partito all’attacco fin dall’inizio, ma Obama ha controllato la situazione parando i colpi con calma e autorevolezza. Il vecchio senatore repubblicano dopo la prima mezz’ora però s’è ammosciato, e il confronto è diventato piuttosto noioso, con continue citazione di cifre che per il grosso pubblico sono ormai prive di significato, pure astrazioni: chi è in grado di immaginare o quantificare i 700 miliardi di dollari del piano di salvataggio delle banche?
Stavolta i due contendenti erano seduti allo stesso tavolo, quasi faccia a faccia, in una sala con un pubblico scelto di “indecisi”. Curiosa la disposizione del conduttore, il giornalista Bob Schieffer, che dava le spalle agli spettatori.
“Charmant” e disinvolto come al solito Obama, con vivace cravatta rossa a righe che gli dava freschezza e spigliatezza. Pessima invece la cravatta da “vecchio” di McCain, blu con righe grigio-topo. Anche da seduto il senatore repubblicano appare molto rigido, muove le mani e le braccia come se fosse un pupazzo. Rimedia subito alla gaffe dell’altra volta, quando aveva chiamato Obama “quello lì” (that one) con una stucchevole ruffianeria dicendo “E’ bello rivedere Obama” (figuriamoci).
Il maggior difetto di McCain a mio avviso è l’essere troppo stizzoso: da uno della sua età e della sua esperienza ci si aspetterebbe maggior controllo, calma e riflessività. Invece è troppo aggressivo e sembra spesso un vecchio bilioso che non suscita troppo affidamento. Un altro errore è quello di attaccare troppo il suo rivale sul piano personale: in genere fa migliore impressione attaccare i ragionamenti piuttosto che il ragionatore. Agli elettori interessano poco le rivalità personali tra i due contendenti, preferiscono sentir parlare dei loro problemi e di come i candidati pensano di risolverli.
Obama è più abile a guardare in camera, anche se ogni tanto si dimentica di farlo. In uno studio televisivo ci sono molte telecamere, ciascuna con un compito preciso: primo piano di Obama, primo piano di McCain, primo piano del conduttore, poi inquadrature dei “totali”, campi medi eccetera. Ogni camera ha una piccola luce rossa che si accende quando il regista la manda “in onda”. Non è facile, mentre si dibatte con un avversario, seguire l’alternarsi della luce rossa che si accende da una camera all’altra (anche per le luci molto forti in studio). Quando si vuole parlare “direttamente” al telespettatore, bisogna fissare la camera in onda. McCain se ne dimentica spesso, nella foga guarda Obama o il conduttore.
Interessante osservare nei controcampi (l’inquadratura di chi ascolta) come si esprime il dissenso dell’avversario: McCain scrolla la testa o ha un ghigno sprezzante, Obama invece usa un largo sorriso. Funziona meglio il sorriso, secondo me. McCain prende spesso appunti su un quadernone, Obama no. Il non dover prendere appunti esprime in qualche modo la superiorità di chi ha una buona memoria.
Il dibattito ha avuto momento surreali, almeno per noi italiani, quando i due candidati hanno cercato di accattivarsi le simpatie di “Jo l’idraulico” (tirato in ballo parecchie volte e diventato una specie di celebrità), figura assai invisa dalle nostre parti, o quando promettevano “più sostegni ai vigili del fuoco”. Qualcosa di semplicemente incomprensibile in Italia visto che, dei vigili del fuoco, con rispetto parlando, non frega niente a nessuno (se non quando ci brucia la casa). Sarebbe assai bizzarro sentire Veltroni o Berlusconi in campagna elettorale fare promesse a idraulici e pompieri.
Per il resto normale amministrazione: McCain arruffone nei suoi attacchi disordinati e poco incisivi, Obama molto controllato, calmo e, anche in questo come nel primo e nel secondo dibattito, più “presidenziale”. Vince anche stavolta, senza strafare, questo terzo e ultimo confronto televisivo.
Obama vs. McCain, l’ultimo duello
ottobre 15, 2008
Questa notte alle 03.00 (ora italiana) l’ultimo duello televisivo tra Barack Obama e John McCain prima del voto. Obama è nettamente avanti nei sondaggi e non ha interesse ad alzare troppo i toni del confronto, ma il suo rivale dovrà cercare il colpo del KO. Ce la farà? Lo sapremo questa notte.
Io come al solito caricherò la sveglia alle 3 (yawn!) e domani ne darò conto ai miei 4 eroici lettori. Diretta su RaiNews e Sky con traduzione simultanea.