Ora censurano anche i trailer
agosto 27, 2009
Sembra incredibile, ma in Italia ora censurano anche i trailer dei film. Mediaset e Rai hanno infatti rifiutato il trailer di Videocracy, il film di Erik Gandini che ricostruisce i trent’anni di crescita dei canali Mediaset e del nostro sistema televisivo.
La tesi del film è nota: in una videocrazia la chiave del potere è l’immagine. In Italia soltanto un uomo ha dominato le immagini per più di tre decenni. Prima magnate della TV, poi Presidente, Silvio Berlusconi ha creato un binomio perfetto caratterizzato da politica e intrattenimento televisivo, influenzando come nessun altro il contenuto della tv commerciale in Italia.
Se il rifiuto da parte di Mediaset di trasmettere il trailer si può capire, iniquieta quello della Rai del cosiddetto servizio pubblico. La motiviazione appare bizzarra: con una lettera in stile legal-burocratese, la tv di Stato spiega che, anche se non siamo in periodo di campagna elettorale, il pluralismo alla Rai è sacro e se nello spot di un film si ravvisa un critica ad una parte politica ci vuole un immediato contraddittorio (?) e dunque deve essere seguito dal messaggio di un film di segno opposto (!).
Lo spot, secondo la Rai, veicola un inequivocabile messaggio politico di critica al governo perché proietta alcune scritte con i dati che riguardano il paese (es. L’Italia è al 73° posto nel mondo per la libertà di stampa) alternate ad immagini di Berlusconi. Niente trailer quindi sulla Rai. A questo siamo ridotti. Il film Videocracy sarà distribuito nei cinema il 4 settembre, sempreché, visto che Berlusconi controlla anche la distribuzione nella sale, non censurino pure quelli.

Comici che non fanno ridere
dicembre 16, 2008
Quando capita di vedere qualche replica di vecchi programmi Rai si rimane davvero sbigottiti nel constatare l’abisso di qualità rispetto ai programmi attuali.
La notizia triste del ritiro di Sandra Mondaini rimanda la memoria ai programmi televisivi di un tempo, quando il varietà era una cosa seria. Quando in tv ci andavano fior di professionisti, artisti del calibro di Vittorio Gassman, Walter Chiari, Aldo Fabrizi, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Gino Bramieri, Lelio Luttazzi, Enrico Simonetti, Delia Scala, Paolo Panelli, Bice Valori, Luciano Salce e molti altri.
Sandra Mondaini e Raimondo Vianello sono stati dei giganti del varietà italiano, quando l’intrattenimento televisivo, pur con la cappa di perbenismo democristiano dell’epoca, era fatto con classe, garbo e ironia. Un altro mondo rispetto all’agghiacciante sguaiataggine di adesso.
Certo anche i Vianello si sono gradualmente “rovinati” andando a lavorare a Mediaset, ed era inevitabile, appiattiti in una routine un po’ avvilente ma funzionale alla raccolta pubblicitaria della tv commerciale. La tv di Berlusconi ha certamente arricchito l’ingessato panorama televisivo italiano, ma è anche responsabile di aver drasticamente abbassato il livello della tv italiana con una serie infima di programmi pecorecci, “quizzoni” cretini e televendite a tutte l’ore. In questa corsa demenziale al ribasso, la Rai s’è purtroppo adeguata nonostante il finanziamento del canone.
Ma la colpa più grave di Mediaset è quella d’aver sfornato una generazione di comici con le risate registrate. Cioé di comici, ed è la cosa peggiore, che non fanno ridere.
Guerra tra tycoons: lo scontrino finale
dicembre 2, 2008
Vi ricordate la platea di miliardari di Mediaset (presentatori, attori, giornalisti, registi, veline etc) riunita qualche anno fa da Costanzosciò in difesa delle “maestranze” a rischio licenziamento perché, dicevano, volevano spedire Rete4 sul satellite? Ora ci risiamo.
Stavolta si tratta di un dispetto di Berlusconi a Murdoch: il governo ha alzato l’iva a Sky e apriti cielo. Sulla tv satellitare del tycoon australiano sta andando in onda una campagna dove si deplora “l’ennesima tassa sui consumatori”, si esalta la crezione e la difesa dei posti di lavoro, si ribadisce la ricchezza dell’offerta televisiva italiana (grazie a Sky, beninteso). Si invita addirittura a spedire lettere di protesta al Governo.
A parte che non si capisce, o meglio si capisce benissimo, perché l’aumento dell’iva dovrebbe essere scaricato paro paro sugli abbonati (Sky potrebbe almeno fare il bel gesto di accollarsene la metà), l’aspetto strambo di questa guerricciola tra monopolisti è che, ancora una volta, il consumatore è vaso di coccio tra vasi di ferro.
Ci sono infatti almeno tre bei macigni caricati sul suo groppone: il monopolio della tv privata di Mediaset, il monopolio della tv via satellite di Sky, infine la bizzarra agevolazione dell’iva per le tv a pagamento (ideata nel 1991 per favorire la berlusconiana Tele+). Da qualunque parte la si giri, la vicenda appare a dir poco grottesca, anche perché ripropone per l’ennesima volta la questione mai risolta del gigantesco confilitto di interessi del premier Berlusconi.
Insomma abbiamo due monopolisti che litigano per avere ancora più monopolio. Una cosa è certa: di riffa o di raffa, l’utente se lo piglia puntualmente in saccoccia. Perché alla fine, comunque vada, è sempre lui che paga il conto.