Obama il pc non l’ama

settembre 3, 2009

obama

Barack Obama passa per un fan della tecnologia e di internet in particolare. Sulla rete ha basato infatti gran parte della sua vittoriosa campagna presidenziale. Suscita quindi una certa sorpresa vedere la sua scrivania desolatamente vuota: non c’è un pc fisso, neppure un portatile. Solo il solito telefono e poche scartoffie. Possibile?

Forse le foto ufficiali fatte nella Stanza Ovale sono di pura rappresentanza, e perciò lo staff di Obama ha ritenuto che non fosse opportuno far vedere il presidente degli Stati Uniti che cincischia su Internet. O no?

Sempre il solito…

aprile 2, 2009

Britain G20 Summit with Berlusconi, Obama, Medevev

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Su Repubblica un’intervista a Saviano sul suo romanzo “Gomorra”.

Saviano, come è nato il caso Gomorra?
“La prima tiratura era di 5.000 copie (ora sono oltre 2 milioni nda), comprese le 500 per la stampa. Poi il passaggio televisivo da Daria Bignardi mi ha portato in classifica al decimo posto.

Mi pare l’ennesima prova: la televisione è ancora al centro dell’universo. Forse in Italia più che altrove. Senza la televisione, l’attuale premier Berlusconi non sarebbe nessuno. Una lunghissima serie di “importanti” personaggi pubblici, non sarebbe mai esistita senza la tv. Il giornalista Travaglio per dire, senza la famosa ospitata da Luttazzi sarebbe oggi un perfetto sconosciuto. La tv ha sfornato e sforna in continuazione personaggi a raffica: dai salotti di Costanzo a quelli di Vespa, dai reality in serie, si esiste solo se si va in tv. Per questo i politici sono sempre in televisione, e non hanno nessuna intenzione di mollare l’osso.

Del resto lo stesso Obama, che passa per colui che è diventato presidente per aver fatto la campagna elettorale su internet, in realtà ha poi usato la montagna di quattrini raccolti in rete per fare spot televisivi. Il tempo in cui la televisione non sarà più il centro del mondo, appare ancora lontano.

Scarpate

dicembre 15, 2008

scarpate

E’ un tristissimo e inglorioso fine mandato quello del presidente George Bushpreso addirittura a scarpate durante una conferenza stampa da un giornalista iracheno. Inviso a tutti, il mondo intero non vede l’ora che si levi di torno, per lasciar fare finalmente a Obama. Qualcuno ha detto che due scarpe, dopo tutti i disastri che ha combinato, sono perfino poche.

Si dice anche che gli USA sono sempre “avanti” a noi in tutto. Ecco, verrà forse il giorno che anche in Italia si prenderanno i politici a scarpate. Perlomeno quelli che se lo meritano, e non sono pochi. Se non sarà per un moto di ribellione etico, sarà perché la crisi economica, con questo andazzo, avrà messo tutti in braghe di tela.

Il paese delle mummie

novembre 18, 2008

Sulla lunare vicenda della nomina del presidente della commissione di vigilanza della Rai andrebbe steso un velo pietosissimo. Obama in America vuole la banda larga ovunque e per tutti, qui da noi i partiti si scannano per controllare il dinosauro della televisione di Stato.

Ignorare questa vicenda penosa tuttavia non si può, perché il finale rischia di essere più grottesco dell’inizio. Dopo furiose trattative, pare che PD e PDL abbiano trovato un’intesa sul nome. Forse, dico io, si poteva convergere su un nome nuovo, uno giovane, moderno. Come no. Risultato? Vogliono riesumare Sergio Zavoli,  86 anni (ottantasei!). Che futuro si può sperare in questo paese di mummie?

Vincitori e vinti

novembre 5, 2008

Quando è uscito sul palco di Chicago, Obama è apparso alla folla con un’espressione ben poco allegra: aveva anzi l’aria preoccupata, l’andatura lenta, il sorriso stanco. Forse per l’effetto “rilassamento” dopo la tensione di una campagna elettorale lunghissima che gli ha richiesto certamente una forza psicologica spaventosa. Forse un desiderio remoto e inconfessabile di fuggire da tutto quel baraccone, dopo aver raggiunto l’incredibile traguardo così strenuamente inseguito.

Ha fatto un buon discorso, in cui aleggiava non tanto la gioia della vittoria ma la preoccupazione per l’enorme responsabilità, per i problemi immani che dovrà affrontare. Dopo il discorso, mentre era applaudito dalla folla entusiasta, a un certo punto è sembrato quasi che Obama, esausto, volesse appoggiare il capo sulla spalla della moglie. Michelle gli ha fatto un materno e un po’ patetico “pat-pat” sulla schiena, quasi volesse dirgli: “Adesso sì che sei veramente nella merda vecchio mio”.

Grandissimo invece il discorso d’addio dello sconfitto McCain, un esempio perfino imbarazzante (per noi italiani beninteso) di signorilità, generosità, coraggio e lealtà. Non ha cercato scuse, giustificazioni, ha detto semplicemente: “Ho fallito io”. Ha riconosciuto la vittoria e il valore di Obama, il momento storico per gli afroamericani, ed ha invitato infine i repubblicani a sostenere il nuovo presidente. Vi immaginate Berlusconi al suo posto, che inveisce stizzoso e paonazzo contro l’ennesimo broglio dei comunisti?

Quanto a Obama, ora c’è da sperare soprattutto in due cose: che non l’ammazzino, che non faccia cazzate.

Il sogno e l’incubo

novembre 5, 2008

future

Sogno, speranza, futuro. Queste sono state le parole che ricorrevano nel discorso di Obama appena eletto 44° presidente degli Stati Uniti d’America. E’ incredibile quanto un solo uomo, anzi un solo cervello, possa trascinare milioni di persone verso un’idea, un ideale. Ed è per questo che le idee fanno paura talvolta, per la forza che possono sprigionare. Mi sono entusiasmato anche io, come tanti, per queste elezioni americane. Ho seguito i dibattiti in diretta ad ore antelucane qui in Italia. Ed è stato bello alla fine, vedere tante facce, di tutte le età e di tante etnie diverse,  gioire e addirittura piangere di commozione nella sterminata, entusiasta folla di Chicago.

Sogno, speranza e futuro, l’America cambia pagina, cambia la storia. Mentre ascoltavo Obama dare speranza e fiducia a milioni di americani, e ad altri milioni di persone nel mondo, ho avuto un pensiero raggelante. Ho pensato a casa nostra: dal sogno di Barack Obama sono precipitato nell’incubo di Veltroni e Berlusconi, alla politichetta italiana da quattro soldi, a leader vecchi come il cucco che nessuno sopporta più, ad una società mummificata dove il novantenne Andreotti l’altro giorno ha rischiato di morire in diretta tv.

Oggi, alle 6 di mattina, mentre Obama parlava agli americani e al mondo, su Rai Due c’era in onda, tanto per dire, il Grande Fratello. Da piangere.

Obama!

novembre 5, 2008

Barack Obama è il 44° presidente degli Stati Uniti.

Recount

novembre 3, 2008

A poche ore dal voto per la Casa Bianca, Obama sembra in vantaggio in tutti i sondaggi, tuttavia l’esito non appare così scontato. Non pochi timori riguardano possibili brogli, o pasticci nel conteggio delle schede.

Nessuno vuole rivivere l’incubo delle elezioni 2000, quando fu necessario ricontare le schede dei voti della Florida per stabilire chi fosse il vincitore tra Al Gore e George Bush. Dopo una lunga attesa in cui gli americani rimasero col fiato sospeso, la vittoria fu assegnata a George Bush che divenne così il 43° presidente americano. Stasera su Sky Cinema il film “Recount” racconta proprio quella (oscura) vicenda.

Chi è che diceva che la tv non serve per vincere le elezioni? Obama ha lanciato l’ultima offensiva mediatica alluvionando le tv americane con un mega spottone di mezzora (!). Una specie di documentario, fatto benissimo peraltro, dal titolo “Barack Obama: American Stories”, che racconta in sostanza la vita del candidato attraverso 4 storie americane (e un brivido è corso lungo la schiena all’idea che Berlusconi possa fare altrettanto).

Il documentario narra la vita di 4 famiglie “tipo” e raccoglie immagini, interviste, spezzoni di comizi: Obama fa da filo conduttore con la sua bella voce suadente. E’ astutamente ripreso in uno studio che ricorda lo studio ovale della Casa Bianca, con le vetrate sul giardino e la bandiera americana sullo sfondo, come a dire: “guardate come sto bene come presidente”.

Nelle tre ultime settimane della campagna elettorale, Obama ha martellato gli americani in tv con 140 mila spot, che messi in fila uno all’altro farebbero 53 giorni ininiterrotti di propaganda. Un’offensiva mediatica mai vista prima, realizzata grazie ad una raccolta fondi che ha toccato la stratosferica cifra di 600 milioni di dollari (e non miliardi come scrive Repubblica).

La sintesi di tutto questo è che per fare politica serve soprattutto il binomio soldi+tv. La cosa non mi piace molto ma questa è, purtroppo, la realtà.