Eutanasia dell’informazione

febbraio 10, 2009

mentana01g1

Pensate che stupido, quando ho sentito di sfuggita che, in concomitanza della morte di Eluana Englaro, Mentana si era improvvisamente dimesso, ho pensato: “Però: forse Mentana si è ribellato al solito baraccone del dolore che i media stavano sicuramente organizzando…”.

Sono andato a leggere e invece è il contrario. Si è dimesso perché a lui il baraccone non l’hanno permesso: perché in onda su Canale 5 ce n’era uno più grosso del suo, e cioè il Grande Fratello. Vespa e Fede ovviamente si erano già buttati a pesce sulla morte di Eluana con tanto di diretta. Perché a lui no?

Perché l’azienda non le ha lasciato spazio?” gli chiedono su Repubblica. “Business as usual. O, se preferisce, the show must go on” risponde grottescamente Mentana, che poi aggiunge: “Non è così che si fa informazione su una grande rete nazionale, non esiste solo l’audience. Eravamo pronti ad andare in onda, il Tg5 era pronto ad aprire finestre informative“.

Figuriamoci: perché lui cosa avrebbe inseguito col suo Matrix dedicato alla morte di Eluana? L’informazione? Come direbbero i suoi colleghi di Striscia: ma per favore…

Marco Pratellesi del Corriere riporta sul suo blog il “Murdoch pensiero” sul futuro dei giornali e dell’informazione. Al di là del giudizio che si può dare del noto magnate australiano, le sue sono opinioni condivisibilssime.

Oggi i lettori vogliono quello che hanno sempre voluto: una fonte nella quale possano credere. Questo è sempre stato il ruolo dei grandi quotidiani nel passato e questo ruolo renderà i giornali grandi anche nel futuro”.

“Troppi giornalisti hanno un piacere perverso nel rimuginare sul loro incombente decesso” – avverte l’editore di 20th Century Fox, Fox News Channel, Sky Broadcasting, Dow Jones and MySpace – “ma io credo che i giornali conquisteranno nuove vette nel XXI secolo perché le persone adesso sono perfino più affamate di informazione di quanto non siano mai state in passato”.

Anche a me piacciono i quotidiani, ma il nostro business reale non è stampare. Il nostro business è dare ai lettori grande giornalismo e grandi opinioni. E’ vero: nel prossimo decennio la versione stampata di alcuni giornali perderà copie. Ma se i giornali sapranno dare ai lettori notizie credibili e autorevoli noi vedremo nuovi incrementi nella circolazione attraverso le nostre pagine web, i feed Rss, le newsletters personalizzate per i lettori e i cellulari”.

Murdoch è certamente un furbone -non sarebbe arrivato dov’è ora- ed ha sicuramente la vista lunga, anche se si potrebbe dire che predica bene ma razzola male. Ma almeno ha le idee chiare sul futuro, e non è poco.

Dovrebbe essere infatti evidente che col proliferare dell’informazione on line si rende necessaria più che mai una “guida” in questo mare magnum di notizie: a questo serviranno i giornali capaci di confrontarsi non solo col nuovo modo di fare informazione ma anche coi lettori. E i giornalisti dovranno non solo fornire le notizie ma anche, e direi soprattutto, aiutare a capirle. Non mi serve a niente sapere che due aerei dirottati hanno buttatò giù le Twin Towers e hanno fatto 3000 morti: voglio capire perché, cosa c’è dietro, sotto, sopra e davanti.

I blogger non sostituiranno i giornalisti o il giornalismo, è ridicolo solo pensarlo, così com’è assurdo pretendere da loro quell’autorevolezza che neppure gli stessi giornalisti, professionisti dell’informazione, spesso non hanno. I bogger però faranno, questo sì, sempre più le pulci a quanto viene pubblicato. Ed è questa la grande svolta nell’informazione del futuro. Non ci sarà più un pubblico passivo che si beve acriticamente qualsiasi notizia. I giornalisti dovranno far meglio il loro lavoro, dovranno abituarsi a stare molto più attenti, dovranno cioè stare più attenti, più che ai loro “editori di riferimento” (cit. Vespa), ai loro lettori, considerare cosa pensano e cosa vogliono, confrontarsi con loro. L’informazione non sarà più monodirezionale ma bidirezionale, si dovrà creare un rapporto di simbiosi in cui i due soggetti traggono dalla loro stretta relazione un beneficio reciproco.

Questo almeno in teoria. Pratellesi nel suo articolo non commenta le opinioni di Murdoch. E forse non è un caso, infatti per commentare l’articolo di Pratellesi sul blog bisogna registrarsi sul Corriere. La solita solfa: nickname, password, indirizzo e-mail, data di nascita, sesso, provincia. Dati obbligatori. Ma perché? In cambio di cosa? Ecco la motivazione: “Compilando i pochi campi richiesti, sarà possibile lasciare commenti agli articoli, ai blog e ai forum, ricevere gratuitamente le newsletter e partecipare ai concorsi di Corriere.it“. E capirai. Insomma cascano le braccia, siamo alle solite. Nell’era del villaggio globale i giornali italiani ragionano ancora guardando al loro piccolo giardinetto, perfino recintato, nel quale fare entrare i lettori agitando gli specchietti e le collane di perline.